Born in the USA – Papis centra 10 to top the Glen: there is always a first time …

By Max Papis Racing | August 13, 2009 at 1:24 pm

L’ottavo posto ottenuto da Max Papis a Watkins Glen non ha solo rallegrato il pilota italiano e il team Germain, ma è stata una grande soddisfazione per i tifosi italiani che seguono la NASCAR.Non molti a dire il vero, ma molto qualificati ed informati su ciò che succede dall’altra parte dell’Atlantico.

Avere delle buone prestazioni e soprattutto ottenere buoni risultati non è facile in una categoria così particolare nella quale esiste una sorta di aristocrazia di dieci/dodici piloti che si contendono le gare. Ragazzi della scuola americana, fatta di poco kart (spesso un passaggio non obbligatorio) e molta terra in faccia beccata sui corti circuiti sterrati dei midjet. Chi non ha seguito questo percorso, nella NASCAR viene visto come un’immigrato venito dalle ruote scoperte, indipendentemente dalla nazionalità. Il fatto che questo genere di “immigrati” siano in generale non americani (al massimo canadesi) non è un fatto casuale, riguarda il tipo di percorso agonistico seguito. Per questo motivo la prestazione di Papis dovrebbe essere celebrata ancora di più di quanto lo si abbia fatto.

Più di uno ha notato la sostanziale debacle dei piloti provenienti dalle ruote scoperte. Pensavano che le corse sugli ovali non potessero essere più complicate di quelle stradali e come darli torto se le curve sono tutte verso sinistra! Ma le corse NASCAR non sono nè più facili nè più difficili, sono semplicemente diverse, quasi come le corse a due e quattro ruote. Chi va bene da una parte, non per forza va bene dall’altra, a maggior ragione se il materiale a disposizione non è di primissimo ordine.

I bruciati degli ultimi anni sono tanti. Christian Fittipaldi fu gettato nella mischia in anticipo nel 2003, quando per lui era stato progettato un percorso formativo per la stagione successiva. Il figlio di Wilson non riuscì a completare mezza stagione. Per Dario Franchitti, campione IRL 2007 e vincitore della 500 miglia di Indianapolis, il 2008 in NASCAR fu terribile: mancate qualificazioni, gare senza acuti, sponsor in fuga, stagione finita in anticipo. Discorso pressochè identico per Patrick Carpentier, ripescato ogni tanto per qualche gara stradale. L’avventura di Jacques Villeneuve è finita ancora prima di cominciare, dopo una sola gara e due mancate qualificazioni. A.J.Allmendinger e Sam Hornish Jr. si sono salvati in corner. Il primo ha rinunciato ad una florida carriera in CART per vedersi sfrattare dalla Red Bull dopo una lunga serie di non qualificazioni. Ripescato dal team RPM, ha fatto belle cose quest’anno. Invece il “Rick Mears” degli anni 2000 ha lasciato la sua supremazia in IndyCar per rimanere fuori dalla top35 che si qualificano a tutte le gare. Ripescato grazie ai punti ottenuti da Ryan Newman, si è migliorato decisamente nel 2009.

Questi esempi ci fanno capire come le prestazioni di Juan Pablo Montoya e Marcos Ambrose siano state più che dignitose, anche se non sono entrati in quella ristretta cerchia di piloti sui quali si scommette per la vittoria. Papis invece deve sudare più che il colombiano e l’australiano in quanto corre con una scuderia più piccola ma il suo talento non passa inosservato. In passato ha collaudato le Chevy di Hendrick per i circuiti stradali. Come Montoya e Ambrose, ha brillato proprio su questo tipo di tracciato nelle due occasioni che ha avuto. Inoltre ha mancato la qualificazione poche volte (qualcuna a causa della pioggia), anche se in quel campo la lotta non è così dura come lo era nel 2007 e 2008. In ongi modo il suo approccio graduale a questo tipo di gara gli consente di imparare, non commettere errori e soprattutto non bruciarsi. Resta il rammarico di una nuova e promettente carriera in America non seguita dai nostri media, ma questa è anche una questione più ampia che riguarda la cultura del motorsport in Italia e noi vogliano in qualche modo invertire la rotta.

Aldo Canzian

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